La posizione con cui si è assestato ambiguamente ieri il PD al Parlamento europeo, con distinzioni che vanno nella direzione guerrafondaia, è stata quella per il no alla corsa al riarmo dei singoli 27 Stati e per il sì al lavoro complessivo dell’Ue di questi mesi sulla politica estera e di difesa. Venti giorni fa lo stesso partito si era spaccato nell’Aula di Strasburgo nel voto sul piano di riarmo Ue, con 11 eurodeputati astenuti come indicato dalla segretaria, ma altri 10 espressisi a favore.
Questo voto “forse” del PD è solo l’ennesima conferma di quanto questo partito non possa essere considerato di sinistra e di quanto non possa assolutamente rappresentare gli interessi delle classi lavoratrici, ma piuttosto quelli dell’industria bellica e delle élite economiche.
Questa posizione non è un caso isolato: come più volte evidenziato il PD ha ormai una lunga storia di scelte politiche in contrasto con i principi della sinistra: dall’accettazione delle politiche neoliberiste e di austerità imposte dall’UE, alla precarizzazione del lavoro con il Jobs Act, fino al sostegno alla NATO e alle missioni militari all’estero, il partito ha progressivamente abbandonato ogni velleità socialista o anche solo socialdemocratica. Il voto sul riarmo è solo un tassello in un quadro più ampio di compromessi con il sistema capitalista e con le sue logiche di guerra e sfruttamento.
La spaccatura interna al PD è segno evidente di una crisi di identità, di una deriva che si traduce in ambiguità politica. Un partito realmente di sinistra non potrebbe mai trovarsi diviso su un tema come il riarmo, perché la sinistra dovrebbe essere pacifista per definizione, contraria all’imperialismo e favorevole all’uso delle risorse pubbliche per i bisogni sociali, non per le armi.
In ogni caso, a chi si permette, qualificandosi di sinistra, di ricorrere al cosiddetto voto utile per battere le destre, non si può che rispondere con l’oggettività dei fatti che da soli sono specchio della natura del PD e della sua prospettiva.
Con intenti del genere oltre a sottrarre risorse gigantesche agli investimenti, alla sanità, ai servizi sociali, all’occupazione… (inutile poi parlino di occupazione da riarmo quando hanno minato il Paese con patti di stabilità e austerity rifiutando “elemosine” al popolo greco e facendo pagare i costi della crisi del 2010-2012 ai ceti popolari e al ceto medio) questa gentaglia ci porta sul ciglio di un conflitto catastrofico.
Non è questa l’idea di Europa dei popoli che intendiamo noi ma quella delle lobby e dei poteri forti contro cui ci battiamo e ci batteremo prima che ci porti alla catastrofe.
Il PD è tra gli artefici, assieme ai suoi alleati tecnocrati. Noi non lo abbiamo dimenticato a differenza di quella parte del popolo italiano che ancora va a votare che sembra non riconoscere questo “modernismo liberista” che va da Draghi alla Schlein e alla Meloni passando per Renzi, Calenda e Tajani!
È bene che il popolo italiano “apra gli occhi” prima che sia troppo tardi; se si continua a considerare il PD come un alleato strategico della sinistra si rischia di costruire un fronte debole e contraddittorio, incapace di opporsi seriamente alle politiche liberiste e militariste.
Da un punto di vista comunista, è essenziale rompere definitivamente con le illusioni sul PD e costruire un’alternativa politica chiaramente anti-imperialista, anticapitalista e orientata alla difesa degli interessi dei lavoratori.
Altrimenti, ogni tentativo di “unità” e “voto utile” finirà solo per legittimare un partito che nei fatti non può che essere un avversario politico e parte del problema, non della soluzione.
Renato Toscano
PARTITO COMUNISTA ITALIANO
Segreteria regionale Liguria