Carissimi compagni, il tema della non autosufficienza è e diventerà sempre più centrale nella nostra attività politica, perché i più anziani, ma talora anche i più giovani meritano assistenza, in quanto non autonomi ma i governi di centro e di destra, di fronte ad un problema che riguarda ogni giorno un numero maggiore di cittadini, hanno una sola risposta, cioè dare soldi al privato e ridurre i diritti e le risposte del Sistema pubblico e dello Stato.
Ecco perché crediamo sia giusto sviluppare riflessioni e proposte come PCI su questo problema.
Per le persone anziane, quelle affette da patologie croniche e quelle non autosufficienti, il diritto alle cure sanitarie non può essere violato ed è doveroso che attraverso un sistema di servizi sanitari e socio-sanitari, con reparti dedicati competenti, con equipe multi professionali preparate, questi abbiano tutte le risposte ai loro bisogni. Pensiamo al fatto che già da prima del Covid-19, queste categorie e non solo, si trovavano ad affrontare problemi sanitari e assistenziali da soli, come ad esempio il trasferimento dei pazienti in altri ospedali, l’assistenza al proprio familiare (spesso senza alcuna preparazione in ambito assistenziale). Tutte le persone malate hanno diritto ad essere curate gratuitamente, perché così è la legge (Art. 32 Costituzione), o almeno così dovrebbe essere; questo dovrebbe essere possibile attraverso i medici di medicina generale, l’assistenza sanitaria territoriale, il ricovero ospedaliero e l’assistenza domiciliare integrata.
Purtroppo nel PNRR non si fa riferimento al personale, ma si punta sulle tecnologie e sulla telemedicina, quando bisognerebbe rivedere i requisiti delle RSA, ad esempio; infatti non è stata prevista alcuna risorsa, mentre invece è stato attivato il Piano sulla Non Autosufficienza attraverso un Disegno di Legge Delega che inasprisce e modifica radicalmente le modalità di presa in carico e di attivazione dei servizi necessari per le persone anziane affette da pluripatologie, malate e non autosufficienti. In più, la Legge Delega n. 33 (23 marzo 2023) è più una controriforma che altro, in quanto sposta le cure socio-sanitarie di lungo termine (Ltc) per le persone malate croniche non autosufficienti dal settore sanitario a quello delle politiche sociali (Leps), compatibilmente con le risorse disponibili e in base alla soglia Isee, valutando quindi a livello economico il nucleo familiare. Questo, non solo è un provvedimento che non concederà un solo nuovo diritto alle persone anziane malate croniche non autosufficienti, ma sottrarrà anche clamorosamente i diritti a queste categorie di persone, di italiani, emarginandole rispetto ai servizi cui hanno diritto, violando quindi la Costituzione stessa. Inoltre, mostra anche un assalto al diritto esigibile quale è l’indennità di accompagnamento (L. 18/80), prevedendo un budget di cura valutato da una commissione unica, che deciderà sulla base dell’Isee della persona coinvolta. La tutela delle persone anziane DEVE rimanere competenza del SSN (Sistema Sanitario Nazionale), così come da legge n. 883/1978. Per tutte queste cose, è nato il Coordinamento nazionale per la Difesa della Sanità per le persone Anziane malate e non autosufficienti (CDSA), che ha prodotto una serie di proposte con denunce, documenti ed iniziative a livello nazionale e regionale.
I punti su cui il CDSA vuole intervenire sono i seguenti:
1) Ampliamento della Medicina del Territorio
- Prevenzione: valutazioni specifiche con dati sull’alimentazione, sul movimento, sulla socializzazione (isolamento, solitudine, abbandono); lavoro di cooperazione dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali; ripristino dei Distretti Socio-Sanitari e attivazione delle Case della Salute, in collaborazione con gli Enti Locali e i Comuni.
- Cure domiciliari e ospedalizzazione a domicilio: da implementare quelle pubbliche e a carico del SSN, per servizi attivi h24, con percorsi personalizzati; l’equipe deve essere composta dal Medico di Medicina Generale, dall’Infermiere, dall’Operatore Socio Sanitario, dal Fisioterapista, dal Terapista Occupazionale, dal Logopedista e dagli Operatori del Sociale; nel Distretto Socio-Sanitario deve esserci un’Unità di Valutazione Multidisciplinare (UVM), con medico (fisiatra, geriatra), infermiere, fisioterapista e operatori assistenziali, che su segnalazione del Medico di Medicina Generale o del reparto ospedaliero, procederà alla diagnosi funzionale del paziente e ne indicherà il percorso terapeutico clinico, assistenziale e riabilitativo;
- Servizi territoriali – Centri Diurni o semiresidenziali – Comunità del territorio: assistenza e cure nel territorio e nelle RSA sono gestite per l’80% da privati, che hanno poco personale e pratiche di assunzione atipiche, con derivate condizioni di lavoro inadeguate, mentre dovrebbero essere in carico al SSN ed avere un’equipe come già detto; con i Centri semiresidenziali si riuscirebbe a gestire la permanenza della persona anziana presso il proprio domicilio, senza gravare sul sistema ospedaliero, ecc…, ma anche la maggior parte di queste strutture sono private.
2) Ricovero in reparti ospedalieri e nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA): al momento delle dimissioni, un paziente anziano, deve avere una Dimissione protetta, cioè deve permettere ai suoi familiari di avviare il percorso successivo di rientro a casa, che comporta ospedalizzazione a domicilio e servizi socio-sanitari oppure il ricovero in strutture riabilitative o RSA; modalità di accesso e costi di queste ultime variano in base alle normative regionali e nella maggior parte dei casi sono strutture private, mentre è doveroso che diventino in capo al SSN e che si occupino della cura, dell’assistenza e della riabilitazione delle persone che ne necessitano; allo stesso modo, le RSA dovrebbero essere strutture aperte al territorio e trasparenti, che rispettino le condizioni di sicurezza degli ospiti, ma anche degli operatori con un responsabile sanitario a capo; il numero di posti letto non dovrebbe mai essere superiore a 100 e gli spazi devono essere adeguati alle diverse attività di cura, riabilitazione e di socializzazione; nel PNRR sono state proposte le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità, ma la loro gestione, invece che essere in mano al SSN, è spesso in mano a Cooperative/Fondazioni/Terzo Settore.
Come già detto precedentemente, la pandemia ha portato in evidenza problematiche varie, anche pre Covid-19, che hanno bisogno di essere sottoposte all’attenzione di tutti; infatti nel tempo si è assistito ad un progressivo smantellamento della sanità pubblica, con privatizzazione di sempre più servizi, la promozione di sistemi assicurativi sostitutivi. Nell’attuale legge di bilancio, i 3 miliardi previsti di aumento della spesa sanitaria non vanno a compensare l’inflazione, ma si traducono in una diminuzione della spesa in rapporto al PIL. Anche a livello terminologico, siamo passati da Servizio Sanitario Nazionale a Sistema Sanitario Nazionale, dove sempre maggior ruolo viene assegnato al privato sociale e alla sussidiarietà. Amnesty International, con un report, dimostra come solo il 26% delle RSA sono pubbliche, mentre quelle private no profit sono il 48% e private for profit il 25%. Quello che dovrebbe essere un diritto del cittadino è divenuto qualcosa che cooperative, multinazionali e compagnie assicurative si contendono per il loro tornaconto economico; questi non badano tanto alla qualità del servizio e al benessere del paziente, così come dell’operatore sanitario, ma si va puntare sul risparmio (spesso mancano figure assistenziali necessarie), incidendo pesantemente sulla qualità delle cure.
Il CDSA vorrebbe che venisse mantenuta la competenza sanitaria sulla cura sanitaria, socio-sanitaria e sui bisogni clinici assistenziali di lungo termine, senza distinzione alcuna, e che si potenziassero i servizi sanitari territoriali e il diritto alle prestazioni sanitarie domiciliari di lungo termine anche attraverso l’attivazione concreta e ben organizzata delle Case di Comunità. Oltre a questo, si vorrebbe anche ripensare al modello di RSA con cure sanitarie e socio-sanitarie adeguate, cure assistenziali e riabilitative, lungodegenza, hospice con personale adeguato, formato e assunto regolarmente.
Per il Dipartimento Welfare, Salute, Sanità PCI
Alberto Marino referente PCI Lombardia