Roma, 15 marzo 2025 – intervento del Segretario nazionale del PCI Mauro Alboresi

Siamo in tanti, in tante qui, oggi, per dire no alla guerra.
Questa e non altre è la piazza della pace.
Con la risoluzione del Parlamento Europeo, con la scelta di investire in deficit, a debito, 800 miliardi di euro in quattro anni in spese militari, l’Unione Europea ha gettato la maschera.
I rigidi vincoli imposti alle politiche degli Stati membri, all’insegna del liberismo, del dogma dell’austerità, con il patto di stabilità e crescita, che in questi anni hanno concorso al precipitare della condizione materiale di tanta parte della popolazione europea, oggi non contano più.
Si può, si deve spendere tanto, purché in armi.
Oggi, che con l’elezione di Trump a presidente degli USA, si è aperta, per molteplici ragioni, la possibilità di porre fine al conflitto in atto tra Russia ed Ucraina, l’Unione Europea dice no.
Al di là della retorica profusa a piene mani circa i suoi principi e valori, contano i fatti.
Tale conflitto si doveva e poteva evitare, ma l’Unione Europea ha assecondato la deriva bellicista promossa dalla presidenza Biden, e in nome della rinsaldata alleanza euro atlantica a guida statunitense, l’ha sostenuta e rilanciata, con pesanti ricadute sulla propria economia e sul piano sociale.
Oggi la stessa intende proseguire da sola tale folle deriva.
Ciò che va consolidandosi è un’Unione Europea protesa ala guerra, ad un militarismo e ad un interventismo sempre più marcati.
La scelta compiuta, emblematica sin dal titolo “Rearm Europe”, è quella di andare decisamente in direzione di un riarmo coordinato dei singoli Stati, lasciando sullo sfondo, per le lunghe e necessarie procedure, la questione di una difesa comune, di un esercito europeo, che noi osteggiamo, che comunque, come sottolineato dai suoi fautori, sarebbe parte della NATO a guida statunitense, di quella NATO alla quale noi continuiamo a dire no.
L’Unione Europea, che dichiara di volere sostenere l’Ucraina “sino alla vittoria”, nonostante i fatti e la conseguente disponibilità del suo presidente alla pace, in nome di un diritto internazionale del quale ha contribuito nel tempo a fare strame, conferma la sua natura, abdica alla ricerca della pace, si prepara alla guerra.
Una scelta sbagliata, tragica, che è nell’interesse delle élite economiche e finanziarie che la governano, non certo dei popoli che la abitano.
Noi non sosteniamo un progetto che, entro le direttrici date dai trattati che la sorreggono, chiede più Europa, nonostante la crisi evidente che ne è derivata, ciò che si prospetta.
Ciò che serve è un’altra Europa, volta alla pace, alla cooperazione, alla solidarietà con gli altri Paesi, con gli altri popoli.
Il voto al Parlamento Europeo è uno spartiacque politico, come lo sono le piazze odierne.
Con la pace si sta senza se e senza ma o non si sta affatto, e questo vale anche e soprattutto per la sinistra, che è tale solo se assume la stessa come discriminante.
Noi ci siamo e ci saremo.
Questa manifestazione non è un punto di arrivo ma di partenza.